SLA: Fiaso, assistenza insufficiente
Diagnosi tardive anche per malattie neurologiche rare 26 ottobre, 16:27
(ANSA) – MILANO, 26 OTT –
Una rete di assistenza frammentata, centri di cura specializzati e servizi di assistenza domiciliare che comunicano ancora troppo poco tra loro. Difficolta’ nella diagnosi, peregrinazioni da un centro all’altro e costi a volte insostenibili.
E’ questa la realtà che si trovano a vivere i 5-6mila malati di SLA italiani, e chi soffre di malattie neurologiche rare, che si stima siano 2milioni in Italia.
Questo il quadro che emerge dalla ricerca svolta da Fiaso (Federazione Asl e ospedali), con Istud business school, e Aisla (Associazione nazionale contro la sla).
Si tratta di una vera emergenza sanitaria, secondo la Fiaso, che richiede nuove risposte terapeutiche e assistenziali.
”Il problema grave per questi pazienti – spiega Walter Locatelli, vicepresiedente Fiaso – e’ che richiedono l’intervento non del singolo specialista, ma di un team multidisciplinare.
Per questo e’ stato creato il modello hub & spoke, che concentra nei centri di eccellenza l’assistenza a elevata complessita’, supportati da una serie di centri satellite distribuiti nel territorio”.
Un modello pero’ finora adottato solo in 4 Regioni, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Puglia, mentre altrove si individuano i Centri di riferimento regionali.
”Il che non significa che in questi casi il modello organizzativo sia carente – continua – come dimostra la Lombardia
Una delle prime regioni ad occuparsi dei percorsi di cura della SLA con il Centro clinico ‘Nemo’ dell’Ospedale Niguarda, che ha ispirato la creazione di centri analoghi, come il ‘Nemo Sud’ a Messina”.
Tuttavia i centri hub, solo in Emilia Romagna, rispettano quasi al 100%, i criteri definiti dalla Consulta ministeriale delle malattie neuromuscolari, mentre quelli delle altre Regioni rispondono in media all’83%.
Per la diagnosi di sla poi, nel 44% dei casi si va in piu’ centri e ci vogliono piu’ di 6 mesi. La complessita’ maggiore sta nell’organizzare l’assistenza domiciliare.
Per il 49% dei professionisti il livello di integrazione con i servizi territoriali ”non e’ completamente soddisfacente”. (ANSA).
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