MIELOMA MULTIPLO
Mieloma MULTIPLO: nuovi orientamenti di diagnosi e terapia

Mieloma Multiplo
Epidemiologia, caratteristiche biologiche e sintomi della malattia
Il Mieloma Multiplo è un Tumore delle Plasmacellule contenute nel midollo osseo che è normalmente presente nelle vertebre, cranio, bacino, coste e la cui funzione è quella di produrre i diversi tipi di cellule del sangue: globuli rossi, globuli bianchi, piastrine. Le plasmacellule sono un particolare tipo di cellule deputato alla produzione di immunoglobuline (anticorpi). Le immunoglobuline sono proteine indispensabili per la difesa contro le infezioni.Epidemiologia del mieloma
Il mieloma è una malattia relativamente rara; rappresenta infatti, l’1% di tutte le malattie tumorali. L’incidenza del mieloma aumenta con l’età. La maggior parte delle persone affette da mieloma ha più di 60 anni; solo il 5-10% dei pazienti ha meno di 40 anni. Il mieloma ha un’incidenza leggermente più elevata nel sesso maschile. L’incidenza varia da paese a paese con la percentuale più bassa in Cina (1/100.000) e la più alta nei paesi occidentali (5/100.000). Il rapporto maschi/femmine è 3/2 che significa una maggiore incidenza nei maschi. Negli ultimi anni l’incidenza è aumentata, probabilmente in parte per le migliori tecniche diagnostiche ed in parte per l’impatto di alcuni fattori ambientali quali l’esposizione a sostanze chimiche tossiche. Alcune situazioni cliniche, quali le malattie autoimmuni, possono aumentare il rischio di insorgenza di mielosa.Caratteristiche biologiche
Le plasmacellule patologiche si accumulano nel midollo osseo e producono elevate quantità di immunoglobuline tutte dello stesso tipo (componente monoclonale) che vengono riversate nel sangue circolante. La componente monoclonale è facilmente evidenziabile mediante un esame chiamato elettroforesi delle sieroproteine, che valuta la concentrazione delle diverse proteine del sangue. L’immunoglobulina monoclonale è composta da due catene pesanti e da due catene leggere. Le catene pesanti, che più frequentemente costituiscono la componente monoclonale, sono quelle di tipo G o A, mentre vi sono due tipi di catene leggere: kappa (k) e lambda (λ). La tipizzazione della componente monoclonale viene effettuata mediante un esame chiamato immunofissazione. Le catene leggere, date le piccole dimensioni, se presenti in eccesso nel sangue passano il filtro renale e si accumulano nelle urine dando origine alla proteinuria di Bence Jones. In una piccola percentuale di pazienti con mieloma le plasmacellule producono solo catene leggere, in questo caso il mieloma viene definito micromolecolare. Ancor più raramente (circa 1–2% dei pazienti) le cellule del mieloma producono poche o addirittura nessuna proteina monoclonale, in questo caso si parla di mieloma non secernente.Sintomi di presentazione del Mieloma multiplo
Il mieloma multiplo può manifestarsi con sintomi eterogenei. In un terzo dei casi il riscontro è occasionale, a seguito di esami di routine che evidenziano all’elettroforesi delle sieroproteine una componente monoclonale. Quando il mieloma è sintomatico, nel 50% si presenta con una sintomatologia dolorosa ossea, nel 10-20% con un’insufficienza renale. Alcuni sintomi dipendono dalle alterazioni che la malattia provoca direttamente nel midollo osseo per sostituzione della sua normale produzione da parte delle plasmacellule patologiche proliferanti. Altri sintomi sono dovuti alle alterazioni che la componente monoclonale determina sulla normale circolazione del sangue. Altri ancora al danno che le plasmacellule producono alle strutture ossee.Effetti della malattia sul midollo osseo
I sintomi dovuti alla parziale sostituzione del midollo osseo sano da parte delle plasmacellule patologiche sono: l’anemia dovuta alla ridotta produzione di globuli rossi, la piastrinopenia causata dalla riduzione del numero delle piastrine e la predisposizione alle infezioni, dovuta alla riduzione dei globuli bianchi (leucopenia), in particolare dei neutrofili (neutropenia), ed alla deficitaria risposta immunitaria contro agenti infettivi.Effetti della malattia sulle strutture ossee
1Frequentemente il mieloma multiplo si presenta con dolori ossei o fratture patologiche, ciò è dovuto alla capacità delle plasmacellule di intaccare la struttura dell’osso. Tali alterazioni strutturali (osteolisi) sono dovute ad un’eccessiva attivazione da parte delle plasmacellule degli osteoclasti, cellule regolatrici del rimodellamento osseo, mediante la secrezione di sostanze dette citochine. In quelle aree dell’osso dove l’erosione è più accentuata si possono verificare dolori ossei e talvolta fratture. Il danno osseo porta a liberare nel sangue le sostanze minerali in esso contenuto, come il calcio, con conseguente incremento dei valori di tale ione nel sangue (ipercalcemia).Sintomi legati alla presenza della Componente Monoclonale nel circolo
Le immunoglobuline anomale, quando presenti in grandi quantità, possono aumentare la viscosità del plasma causando disturbi alla circolazione sanguigna con conseguente aumentato rischio di eventi ischemici a cuore e cervello. La componente monoclonale può inoltre interagire con i fattori della coagulazione aumentando anche il rischio di emorragia, in particolar modo se contemporaneamente vi è un ridotto numero di piastrine.Effetti della componente monoclonale sul rene
Uno degli organi più comunemente danneggiati dalla presenza della componente monoclonale è il rene, organo deputato alla depurazione del sangue. In presenza di un eccesso di immunoglobuline, le catene leggere che normalmente vengono riassorbite a livello del tubulo renale finiscono per accumularsi e precipitare, creando un danno renale severo tale da determinare una insufficienza renale. Le catene libere in eccesso si accumulano e si ritrovano nelle urine dando origine alla proteinuria di Bence Jones. Tabella 1: Sintomi principali del mieloma Effetti Cause Sintomi Anemia- Diminuzione del numero dei globuli rossi nel sangue
- Stanchezza, pallore
- Incremento della viscosità del sangue
- Possibile danno renale
- Rarefazione ossea
- Osteolisi/fratture
- Dolori ossei
- Fratture spontanee
- Crolli vertebrali
- Alti livelli di calcio nel sangue
- Rilascio di calcio nel flusso sanguigno da parte delle ossa danneggiate
- Confusione mentale
- Disidratazione
- Stitichezza
- Stanchezza
- Riduzione della normale funzione del sistema immunitario
- Ridotta produzione di anticorpi
- Ridotta produzione di globuli bianchi
- Predisposizione alle infezioni
- Guarigione lenta delle infezioni
Quali sono le cause del mieloma?
Sebbene siano stati condotti molti studi per identificare le possibili cause del mieloma, ad oggi non vi sono ancora dimostrazioni certe. Si ritiene che l’esposizione ad alcune sostanze chimiche (componenti petrolchimici, insetticidi o erbicidi utilizzati in agricoltura), a radiazioni ed a virus possa aumentare il rischio di sviluppare un mieloma. Oltre a questi agenti esterni, gioca certamente un ruolo anche la predisposizione genetica individuale. E’ verosimile che il mieloma si sviluppi quando un soggetto predisposto è stato esposto in modo protratto a uno o più fattori di rischio.E’ una malattia ereditaria?
E’ importante sottolineare che sebbene in alcune famiglie si noti un’incidenza di mieloma e di malattie linfoproliferative più alta dell’atteso, il mieloma non è una malattia ereditaria. Non vi è ragione, quindi, di sottoporre i familiari dei pazienti affetti da mieloma ad indagini ematologiche.E’ una malattia contagiosa?
No, non è una malattia contagiosa. Esami da effettuare alla diagnosi ed in corso di terapia e loro scopo:Nella Tabella 2 sono riportati gli esami che vengono regolarmente effettuati per la definizione diagnostica all’esordio oppure ogni volta che sia necessaria una rivalutazione della malattia. Ciascun accertamento ha una funzione specifica.
Tabella 2. Accertamenti e loro finalità Test ScopoMieloaspirato
- E’ il principale esame per definire la percentuale di cellule del mieloma presenti nel midollo osseo. Questa procedura permette anche di effettuare indagini citogenetiche e molecolari
- È un esame invasivo che prevede un’anestesia locale a livello della spina iliaca posteriore (parte posteriore alta del bacino). Di solito ben tollerata; in genere l’unico inconveniente per il paziente è se questi è allergico all’anestetico locale. Può dare raramente una anestesia transitoria dell’arto inferiore omolaterale (cioè dalla stessa parte dove è stato effettuato il prelievo
Emocromo
- valutare la presenza e la severità dell’anemia
- valutare il numero di globuli bianchi
- valutare il numero di piastrine
Esami ematochimici
- valutare la funzionalità renale (azotemia, creatinina, beta2microglobulina)
- valutare le presenza di ipercalcemia
- dosare le immunoglobuline normali
Elettroforesi sieroproteine
Immunofissazione siero
Dosaggio catene leggere libere sieriche
- valutare l’entità della componente monoclonale
- identificare il tipo di CM (IgG, IgA, K o Lambda)
- valutare la quantità di catene leggere kappa e lambda libere nel siero
Elettroforesi Proteine urinarie
Immunofissazione urine
- valutare presenza ed entità della componente monoclonale nelIe urine
- identificare la tipologia della componente monoclonale urinaria (Proteinuria di Bence-Jones, kappa o lambda)
Radiografia completo dello scheletro
Risonanza magnetica
TAC
- valutare la presenza di danno osseo nelle sedi più frequentemente interessate da lesioni litiche (cranio, colonna vertebrale, bacino, coste, omeri, femori)
- approfondire la valutazione di lesioni ossee già evidenziate alla Rx scheletrica oppure evidenziare localizzazioni di malattia a partenza dall’osso ma estese anche ai tessuti circostanti (localizzazioni extramidollari) 3Le domande più frequenti del paziente in fase di diagnosi
- Per quale ragione è importante effettuare il mieloaspirato?
- Il dosaggio della proteinuria di Bence Jones va effettuato su un campione di una raccolta di urine delle 24 ore?
- E’ possibile utilizzare il mezzo di contrasto durante l’esecuzione della TAC?
- E’ possibile utilizzare il mezzo di contrasto durante l’esecuzione della RMN?
La terapia del Mieloma Multiplo
Il mieloma multiplo è una malattia non guaribile ma con la quale è possibile convivere. La finalità delle cure è ottenere e mantenere nel tempo il miglior controllo della malattia, con la migliore qualità di vita possibile. Il percorso terapeutico non è uguale per tutti ma deve essere definito tenendo conto delle caratteristiche del paziente, della presentazione della malattia ed anche delle problematiche logistiche. La prima domanda da porsi è quando iniziare il trattamento. E’ ormai consolidato che la scelta di iniziare una terapia dipende essenzialmente dallo stadio e dall’età del paziente. In particolare, lo stadio I non richiede in genere alcuna terapia al momento della diagnosi. Il mieloma in stadio I non progredisce sempre allo stesso modo: la progressione può essere spesso lenta ed avvenire anche dopo molti anni, durante i quali il paziente può godere una buona qualità di vita senza il rischio di effetti collaterali da farmaci e senza ospedalizzazione. Questo atteggiamento, chiamato con termine inglese “watch and wait” (osservare e aspettare), deriva dall’evidenza che non vi è un reale vantaggio ad iniziare un trattamento precocemente. In pratica, la terapia va riservata ai pazienti con mieloma in III stadio. a molti (ma non a tutti) tra quelli con malattia in II stadio, e solo eccezionalmente a quelli in stadio I. Il trattamento specifico anti-mieloma deve essere quindi iniziato solo quando il mieloma è sintomatico, cioè quando compaiono sintomi clinici indicati internazionalmente come CRAB (C – calcio elevato; R – disfunzione renale; A – anemia; B – lesioni dell’osso (dall’inglese Bone). In alcune situazioni, anche se non vi sono sintomi, si può iniziare la terapia se vi è una tendenza evidente alla progressione dei parametri di malattia.Le prime domande che il medico si pone quando decide di iniziare un trattamento sono:
- Quanti anni ha il paziente?
- Ha delle altre patologie concomitanti?
- Lavora? Che tipo di lavoro svolge?
- Che impatto avrà la terapia sulla sua vita quotidiana? Se lavora, sarà in grado di lavorare? Gli sono concesse assenze dal posto di lavoro per sottoporsi al trattamento?
- Può tollerare un programma di terapia ad alte dosi (trapianto di cellule staminali)?
- Può essere inserito in un protocollo sperimentale?
- Ha dei familiari che lo assistono?
La terapia di supporto
La radioterapia viene utilizzata soltanto per il controllo del dolore associato alle localizzazioni ossee, o nel caso sia presente una localizzazione extramidollare, cioè in una sede diversa dal midollo osseo dove le plasmacellule risiedono fisiologicamente. Un ruolo importante ha anche la terapia di supporto che affianca la chemioterapia ed include l’uso del’eritropoietina per la correzione dell’anemia, dei fattori di crescita per aumentare i globuli bianchi e per mobilizzare le cellule staminali, e dei bifosfonati per il trattamento della malattia ossea. Tabella 3: Terapie di supporto per il mielomaSintomi Trattamento
Affaticamento e debolezza dovuta all’anemia- Se anemia severa, trasfusione di globuli rossi concentrati
- Se anemia moderata, eritropoietina
- Bisfosfonati (es. Zometa® 4 mg IV in 15–30 minuti mensilmente)
- Terapia del dolore (es. oppiacei per via orale o a rilascio transdermico con cerotti) Immunodepressione e infezioni
- Fattore di crescita (G-CSF) per aumentare il numero dei globuli bianchi, in particolare dei neutrofili
- Antibiotici, antivirali, antimicotici per risolvere gli episodi infettivi
La scelta del programma di cura
Il tipo di trattamento viene stabilito principalmente sulla base delle caratteristiche del paziente. Avremo infatti un gruppo di pazienti che per età e assenza di patologie associate importanti sarà candidato alla terapia ad alte dosi con trapianto autologo ed un gruppo nel quale, al contrario, un approccio terapeutico aggressivo sarebbe svantaggioso. I due approcci terapeutici verranno perciò descritti separatamente. Nella terapia del mieloma dobbiamo distinguere la terapia iniziale detta di prima linea e la terapia del paziente in ricaduta, cioè quando la malattia si ripresenta. I farmaci utilizzati sono uguali nei due gruppi ma cambiano gli schemi di combinazione e i dosaggi. A parte i chemioterapici classici utilizzati nella terapia del mieloma (melfalan, adriamicina, ciclofosfamide, etc..), negli ultimi 10 anni almeno 3 nuovi farmaci si sono aggiunti nell’armamentario del medico: la talidomide, il bortezomib e la lenalidomide. Questi farmaci hanno in comune la capacità di agire sulle plasmacellule patologiche con meccanismi diversi da quelli della chemioterapia convenzionale. La Talidomide La talidomide è entrata nell’uso clinico negli anni ‘60 come farmaco contro il vomito e l’insonnia ed è stata successivamente ritirata dal commercio perché determinava gravi malformazioni (focomelia) sui feti di donne che la avevano assunta in gravidanza. Circa 10 anni fa un gruppo americano ha dimostrato la sua efficacia nel mieloma, soprattutto in associazione al cortisone. Attualmente la talidomide viene utilizzata in associazione con il melfalan ed il prednisone (MPT) come terapia di prima linea o in combinazione al desametasone (Tal-Dex) nei pazienti in ricaduta. Bortezomib Il Bortezomib (Velcade®) è un farmaco molto attivo nei pazienti con mieloma multiplo. E’ stato usato nell’ambito di protocolli sperimentali in varie fasi della malattia (terapia di prima linea o in ricaduta). Molti studi hanno dimostrato una netta superiorità del bortezomib in associazione al desametasone ad alte 5dosi o ad altri farmaci (talidomide, adriamicina, ciclofosfamide), rispetto alla terapia convenzionale. Recentemente il bortezomib (Velcade) in associazione al Melfalan ed il Prednisone (VMP) è stato approvato come valida alternativa allo schema precedentemente citato MPT nei pazienti non candidati al trapianto autologo. Dal momento che non viene eliminato per via renale rappresenta il farmaco di prima scelta nei pazienti con insufficienza renale. I principali effetti collaterali della terapia con Bortezomib sono la neuropatia periferica che determina l’insorgenza di disturbi della sensibilità e a volte dolore soprattutto agli arti inferiori. Tale complicanza, se si riduce la dose o si sospende il farmaco, è quasi sempre reversibile. La terapia con Bortezomib può determinare anche piastrinopenia e disturbi intestinali (stitichezza o diarrea) sempre reversibili dopo la sospensione del farmaco. Lenalidomide La lenalidomide (Revlimid®) è entrata in commercio 4 anni fa dimostrando rispetto al suo predecessore talidomide di agire meglio e più rapidamente. Ha inoltre dimostrato una buona efficacia anche in pazienti pluritrattati e, seppur in misura minore, anche in quelli non responsivi o in progressione durante terapia con talidomide. La terapia del paziente candidato al trapianto autologo o allogenico Chemioterapia ad alte dosi con autotrapianto di cellule staminali La superiorità della terapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali periferiche è stata dimostrata ampiamente nei confronti della terapia convenzionale nei pazienti con età inferiore a 65 anni. Il principio della terapia ad alte dosi, o terapia sovramassimale, è quello di utilizzare, come terapia di preparazione al trapianto, i chemioterapici a dosaggi così alti che se non venisse adoperato un supporto con cellule staminali autologhe si darebbe al paziente una tossicità inaccettabile. I programmi di solito includono una fase di induzione, una fase di mobilizzazione delle cellule staminali e la fase dell’autotrapianto con reinfusione delle cellule staminali raccolte. La fase di induzione ha il ruolo di ridurre il più possibile la malattia al fine di ottenere una buona risposta (completa o quasi completa). Infatti, la qualità della risposta rappresenta uno dei fattori prognostici più importanti per garantire un lungo periodo libero dalla malattia. Altro aspetto importante è che tanto migliore è lo stato della malattia al momento della terapia ad alte dosi con trapianto di cellule staminali tanto maggiore è la sua efficacia. Il Velcade ha dimostrato di essere un farmaco molto efficace contro il mieloma sia nei pazienti all’esordio che in quelli ricaduti o refrattari. Per tale motivo sono stati condotti vari studi sulle possibili combinazioni con altri farmaci attivi. Al momento il trattamento di induzione standard è rappresentato dalla combinazione Velcade + Talidomide + Desametasone ad alte dosi (VTD), ed è questo il programma in uso nella nostra clinica. Una condizione essenziale prima di avviare il paziente alla procedura ad alte dosi è raccogliere cellule staminali periferiche del paziente in quantità sufficiente. Le cellule staminali emopoietiche risiedono nel midollo osseo e, in condizioni normali, si trovano nel sangue periferico solo in piccola quantità. La terapia cosidetta di mobilizzazione ha la funzione di stimolare le cellule staminali a riprodursi più attivamente ed a circolare nel sangue periferico in elevate quantità. La terapia di mobilizzazione di solito prevede l’associazione di una chemioterapia, effettuata in regime di ricovero, con un fattore di crescita granulocitario, cioè un farmaco che stimola la produzione di cellule staminali midollari ed il loro rilascio nel sangue periferico. Il numero di cellule staminali nel sangue periferico viene poi monitorato quotidianamente e non appena raggiunge il valore ritenuto idoneo, le cellule staminali vengono raccolte attraverso una procedura detta aferesi: il paziente viene collegato per via venosa ad un’apparecchio detto separatore cellulare e le cellule staminali vengono selezionate e raccolte in sacche. Le sacche vengono quindi congelate e conservate in azoto liquido fino a quando verranno restituite al paziente come supporto autologo dopo la cemioterapia ad alte dosi. E’ questo il complesso trattamento che va sotto il nome di autotrapianto di cellule staminali emopoietiche. Bisogna tuttavia sottolineare due aspetti:- Data l’intensità della procedura, questa viene riservata di solito ai pazienti di età inferiore a 70 anni in buone condizioni cliniche e senza patologie associate gravi. Questo perché se impiegata in pazienti fragili la tossicità della procedura sarebbe superiore al beneficio che potrebbe produrre;
- Il fatto di non poter fare un trapianto non vuol dire che non si possa accedere a terapie altrettanto efficaci.
- Malgrado i progressi delle ultime due decadi, il trapianto allogenico, anche con un donatore familiare perfettamente compatibile, è una procedura ad alto rischio nel mieloma multiplo per l’alta morbidità e mortalità ad esso correlate
- Vi è un recente interesse nel trapianto allogenico non mieloablativo. L’intento primario è ottenere l’effetto trapianto contro il mieloma con minor tossicità rispetto al trapianto convenzionale. Comunque, sebbene gli effetti siano promettenti con l’84% di risposte nei primi 32 pazienti, i rischi rimangono alti con una graft versus host disease acuta del 45% e cronica del 55%.
Raccomandazioni attuali
- Il trapianto allogenico convenzionale full-match è raccomandato raramente come strategia primaria perché i rischi sono troppo alti.
- “Il mini” trapianto allogenico è un nuovo promettente approccio, che richiede ulteriore valutazione in trial clinici ben pianificati.
- Il trapianto singenico è una rara opzione, la cui procedura è sicura e ha buoni risultati ed è raccomandata quando è disponibile un gemello identico.
- 50% di remissioni eccellenti
- Almeno buono quanto la terapia standard per quanto riguarda la sopravvivenza globale e probabilmente migliore per i pazienti con un’alta β2M.
- È la base della strategia per ottenere lunghe remissioni
- Nuovi regimi preparativi possono produrre una vera remissione completa
- Recidiva simile alla chemioterapia standard
- Più tossico e costoso
- Indicata terapia di mantenimento
- 2002: l’aggiornamento dei dati di un gruppo
- Risultati eccellenti con il doppio trapianto
- Il ruolo del doppio trapianto vs il singolo non è ancora chiaro
- Più tossico e costoso rispetto al
- Non vi è rischio di contaminazione di midollo/cellule staminali con mieloma
- L’effetto del trapianto contro il mieloma prolunga la remissione
- Non vengono somministrate chemioterapie anti-mieloma
- Rischi della graft-versus-host disease
- Pieni benefici ancora non chiari
- Rischio di mortalità iniziale approssimativamente del 17%
- Meno tossico dell’allo
- Chemioterapia preparativa ben tollerata
- Non vengono somministrate chemioterapie anti-mieloma
- Rischio di graft-vs-host disease
- Pieni benefici ancora non chiari
- Rischio di mortalità iniziale approssimativamente del 17%
- No vi è il rischio di contaminazione del mieloma nel trapianto di cellule
- Molto meno rischioso del trapianto allogenico
- Nessun effetto graft-vs-mieloma
- Richiede la disponibilità di un gemello di età inferiore a 55 anni
Prevenzione e gestione degli effetti collaterali
La disponibilità di farmaci di nuova generazione, che spesso vengono combinati con la chemioterapia tradizionale, ha modificato la tipologia delle tossicità che si possono osservare in corso di terapia. Ricordiamo brevemente quali sono i principali sintomi da intolleranza alla chemioterapia tradizionale; interessano soprattutto i tessuti costituiti da cellule che si riproducono rapidamente (mucosa della cavità orale e del tratto gastrointestinale, annessi cutanei). Tutti questi effetti collaterali sono ben controllabili e gradualmente reversibili, in tempi più o meno lunghi.- Nausea e vomito: sono facilmente controllabili, se non del tutto eliminabili, dalla assunzione di farmaci detti antiemetici. Attualmente esistono antiemetici di seconda generazione molto utili nei pazienti che risultassero resistenti agli antiemetici tradizionali.
- Infiammazione del cavo orale (stomatite): è causa di dolore durante la masticazione e la deglutizione degli alimenti sia solidi che liquidi. Può essere prevenuta con un’accurata e ripetuta igiene del cavo orale, impiegando spazzolini con setole morbide e dentifrici non abrasivi per non creare ulcerazioni, e mediante una corretta idratazione in modo da mantenere le mucose umide.
- Diarrea/Stipsi: in entrambi i casi è molto importante effettuare una corretta idratazione (utile assumere almeno un litro e mezzo di acqua naturale al giorno). In caso di diarrea è opportuno assumere una dieta astringente (es. riso, patate, carote) eventualmente associata ad appositi farmaci prescritti dal medico ed utili a “rallentare” l’attività dell’intestino. Al contrario, in caso di stitichezza la dieta dovrà prevedere un aumento del consumo di fibre, frutta, cereali
- Alopecia (perdita dei capelli): seppur completamente reversibile in tempi abbastanza rapidi al termine della chemioterapia, è uno degli effetti collaterali più difficilmente accettabili da parte dei pazienti poiché incide drasticamente sull’aspetto esteriore. La sua comparsa non è obbligatoria e può dipendere dal tipo di chemioterapico utilizzato.
- Riduzione del conteggio dei globuli bianchi (leucopenia) e dei neutrofili (neutropenia): è responsabile dell’aumentato rischio di sviluppare infezioni, anche severe. Qualora la leucopenia fosse particolarmente profonda il medico potrà iniziare una profilassi antibiotica e stimolare il ripristino del normale conteggio leucocitario utilizzando fattori di crescita granulocitari (G-CSF)
- Riduzione del conteggio piastrinico (piastrinopenia): è responsabile dell’aumentato rischio di emorragia. L’entità del rischio è proporzionale al numero di piastrine. In caso di conteggi particolarmente bassi, per prevenire il rischio di sanguinamento il medico potrà consigliare il paziente di sottoporsi al supporto trasfusionale con concentrati piastrinici.
- Riduzione del conteggio dei globuli rossi e del valore di emoglobina (anemia): contribuisce al peggioramento dell’astenia e può rendersi responsabile dell’insorgenza di difficoltà respiratorie (dispnea) e cardiologiche (tachicardia, cardiopalmo). Per prevenire l’aggravarsi dei sintomi è possibile ricorrere al supporto trasfusionale con globuli rossi concentrati o utilizzare fattori di crescita emopoietici (eritropoietina, o EPO). 9Effetti collaterali dei nuovi farmaci
Effetti collaterali condivisi con i chemioterapici:
Quasi tutti i nuovi farmaci condividono alcuni dei sintomi da intolleranza alla chemioterapia. In particolare la tossicità grastro-intestinale è molto comune in corso di Bortezomib. L’astenia è uno degli effetti collaterali più comunemente riscontrati durante l’assunzione dei farmaci immunomodulatori (Talidomide e Lenalidomide). Altri effetti collaterali comuni anche alla chemioterapia (tossicità ematologica ed infezioni) assumono caratteristiche peculiari, in particolar modo la tossicità ematologica e le infezioni.- Tossicità ematologica: Alcuni dei nuovi farmaci, in particolare la talidomide, non sono gravati se non raramente da tossicità ematologica e pertanto possono essere facilmente utilizzati anche in pazienti che presentino bassi valori di globuli bianchi e piastrine o siano particolarmente anemici. Altri farmaci biologici, ad esempio la lenalidomide, condividono con la chemioterapia la capacità di indurre una tossicità ematologica che si esprime a carico di tutte e tre le serie emopoietiche (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). La terapia di supporto da utilizzare è analoga a quella che abbiamo ricordato per la chemioterapia. Il bortezomib, viceversa, presenta una tossicità ematologica selettiva in quanto riduce quasi unicamente ed in modo transitorio il conteggio piastrinico (piastrinopenia).
- Infezioni: La terapia con lenalidomide che condivide con la chemioterapia la capacità di indurre neutropenie, può essere gravata dalla comparsa da episodi di infezione, anche severa. Nei pazienti in terapia con Bortezomib, pur non registrandosi se non raramente neutropenie severe, è possibile che si verifichino, anche con conteggi leucocitari normali, riattivazioni di infezioni virali da Herpes Zoster.
Effetti collaterali peculiari dei nuovi farmaci:
Neuropatia: l’introduzione dei nuovi farmaci ed in particolar modo della talidomide prima, e successivamente del bortezomib è responsabile del notevole incremento della tossicità neurologica, che viceversa rappresentava un effetto collaterale piuttosto raro in corso di chemioterapia. I disturbi neurologici presentano differenze a seconda del tipo di farmaco utilizzato.- Neuropatia da talidomide: i disturbi neurologici legati all’uso della talidomide sono prevalentemente di tipo sensitivo, principalmente si tratta di parestesie (cioè alterazioni della sensibilità tipo formicolii) o di anestesie (cioè riduzione della sensibilità). I disturbi si localizzaziono prevalentemente alle mani e ai piedi. Dalle estremità si possono progressivamente estendere agli radice degli arti in particolar modo ai polpacci (parestesie/anestesie a stivaletto). Solo quando le parestesie o l’anestesia sono particolarmente gravi si possono associare difficoltà nei movimenti di precisione delle mani o difficoltà alla deambulazione per mancanza di coordinazione. Il tempo medio alla comparsa della neuropatia da talidomide è di circa tre-sei mesi dall’inizio della terapia; quasi tutti i pazienti presentano qualche disturbo neurologico al termine del primo anno di terapia. Una volta comparsi, i sintomi neurologici possono o non risolversi completamente o risolversi molto lentamente, anche in caso di sospensione del farmaco. Proprio in considerazione della tentenza all’irreversibilità dei disturbi, il paziente deve riferire prontamente al medico la presenza della neuropatia per ridurre la dose o sospendere la talidomide qualora i sintomi tendessero ad aggravarsi.
- Neuropatia da bortezomib: i disturbi neurologici legati all’utilizzo del bortezomib sono anch’essi prevalentemente di tipo sensitivo. Si tratta principalmente di disestesie (cioè alterazioni della sensibilità tipo bruciore, alterata sensibilità al caldo/freddo, ipersensibilità al tatto). Quando il disturbo neurologico si aggrava è possibile che si manifesti con una neuropatia dolorosa (comparsa di dolore). I disturbi si localizzano prevalentemente agli arti inferiori, a cominciare dalla pianta dei piedi fino a risalire ai polpacci e alle cosce. Sono tipicamente notturni. La comparsa di disturbi motori (difficoltà alla deambulazione e al movimenti degli arti superiori), pur rara è comunque più frequente rispetto a quanto avviene per la talidomide. Il tempo medio alla comparsa della neuropatia da bortezomib è di circa tre mesi dall’inizio della terapia, in qualche caso i disturbi possono insorgere anche poco dopo la sospensione del farmaco. Indipendentemente dalla gravità dei sintomi, la maggior parte dei pazienti ha disturbi reversibili alla sospensione del farmaco, in tempi mediamente proporzionali alla gravità stessa dei disturbi.
- Trombosi venosa profonda: tutti i pazienti affetti da neoplasia sono a maggior rischio di eventi trombotici lungo la storia di malattia. Vi sono poi pazienti che, al rischio legato alla patologia di base, aggiungono la familiarità per questo tipo di problematiche. Alcuni dei nuovi farmaci utilizzati per la terapia del mieloma, in particolare quelli appartenenti alla classe farmacologica degli immunomodulatori (cioè Talidomide e il suo analogo Lenalidomide) incrementano il rischio di sviluppare trombosi venosa profonda.
- Definizione e patogenesi della trombosi venosa profonda: si tratta di un’occlusione parziale o totale di un vaso venoso causato dalla formazione di un trombo, cioè di un aggregato di proteine del sangue (fattori della coagulazione) e piastrine. In condizioni normali i fattori della coagulazione e le piastrine circolano nel sangue senza legarsi gli uni alle altre. In caso di danno meccanico ai vasi sanguigni (es. traumi, interventi chirurgici), le cellule delle pareti dei vasi (cellule endoteliali) si attivano, espongono sulla loro superficie ed in parte secernono nel torrente circolatorio alcune molecole (es: tissue factor) con attività protrombotica. Queste molecole sono in grado di attivare i fattori della coagulazione e le piastrine che, cambiando la loro conformazione, si aggregano le une alle altre con la finalità di riparare l’eventuale danno ai vasi. Quando s verifica un evento trombotico, il fisiologico meccanismo della coagulazione è attivato in modo anomalo. L’aumentato rischio di trombosi legato all’utilizzo sia della talidomide che della lenalidomide, dipende dalla capacità di entrambe le molecole di attivare sia le cellule endoteliali che i fattori della coagulazione. Questa stessa anomala capacità è condivisa dalle cellule neoplastiche.
- Sedi, sintomi, diagnosi di trombosi venosa profonda: i distretti circolatori maggiormente a rischio di sviluppo di trombosi venosa profonda sono gli arti ed in particolar modo la parte distale degli arti inferiori (polpaccio e cavità poplitea). I sintomi a cui prestare attenzione sono il gonfiore e/o il dolore e/o il rossore ad una gamba o ad un braccio. In caso comparissero disturbi di questo genere, è importante recarsi in ospedale o comunque dal medico, in modo da poter effettuare un controllo ecografico (ecodoppler): questo semplice esame è in grado di visualizzare l’interruzzione del corretto flusso di sangue a carico dei vasi ad opera di un trombo.
- Complicanze della trombosi venosa profonda: in alcuni casi, una parte del trombo può staccarsi e risalire nel torrente circolatorio fino a raggiungere i vasi del polmone causandone l’occlusione (embolia polmonare). In questo caso può comparire dolore al torace accompagnato da tosse e prograssiva difficoltà alla respirazione
- Profilassi e terapia della trombosi venosa profonda: considerato che il rischio di sviluppare un evento trombotico durante la terapia con talidomide o lenalidomide non è trascurabile, tutti i pazienti che utilizzano entrambe i farmaci necessitano di effettuare una terapia anticoagulante profilattica. A tal fine si utilizzano bassi dosaggi di eparina a basso peso molecolare (somministrazione sottocutanea) oppure bassi dosaggi di aspirina (somministrazione orale), o anticoagulanti orali. La terapia profilattica, a seconda della presenza di eventuali rischi aggiuntivi, andrà proseguita per i primi 3-6 mesi di terapia.
- Reazioni cutanee: Sono particolarmente comuni in corso di terapia con immunomodulatori (talidomide e lenalidomide). I sintomi sono analoghi a quelli che solitamente compaiono in corso di allergia a farmaci (rossore e prurito diffusi soprattutto alla cute del tronco ed al volto), reazioni più gravi, raramente riscontrate, si accompagnano alla comparsa di sintomi simili alle ustioni (vescicole alla cute e alle mucose tendenti a confluire, causando aree di disepitelizzazione e rischio di sovrainfezione). L’assunzione di terapia steroidea a basso dosaggio e di anti-istaminici è nella maggior parte dei casi sufficiente a risolvere la complicanza ed a prevenire la comparsa di reazioni di maggiore gravità. In caso di comparsa di reazioni cutanee è possibile proseguire la terapia utilizzando dosaggi ridotti di farmaco.
- Teratogenicità: la talidomide è nota per causare gravi malformazioni fetali, ed è stata inizialmente ritirata dal commercio a seguito della segnalazione di tale tossicità (quando il farmaco veniva utilizzato non per il suo potanziale antineoplastico ma per il suo effetto antiemetico nelle donne gravide). Effetti teratogeni dell’analogo della thalidomide, la lenalidomide, sono stati segnalati su modelli animali. L’effetto teratogeno è supposto essere possibile anche durante l’utilizzo del bortezomib, così come di tutti i chemioterapici.
- effetti riguardanti il mondo interiore della persona colpita da stress familiare acuto
- effetti riguardanti il comportamento della persona colpita da stress Negli effetti riguardanti il mondo interiore si collocano tutte le conseguenze psicoemotive che un evento del genere può scatenare. In genere, esse riguardano alcuni processi psichici fra i quali il più frequente è l’Identificazione. La persona che vive accanto al malato si immedesima nella sua condizione; questo fenomeno psicologico generale nella specie umana presiede ai legami affettivi ed all’apprendimento. In casi particolari tutto ciò può comportare conseguenze patologiche quali:
- negazione (non e’ una cosa grave, non mi riguarda)
- formazione reattiva onnipotentemente riparativa (dedicherò tutto il mio tempo a lui/lei)
COSA OFFRE L’EMATOLOGIA DI PAVIA AL PAZIENTE CON MIELOMA ?
L’Ematologia di Pavia dispone di una équipe di ematologi specializzati nella diagnosi e nelle terapie avanzate del mieloma. Conduce inoltre studi sui nuovi farmaci e sulle nuove modalità di cura per il mieloma L’Ematologia di Pavia offre:- Ambulatori dedicati, con medici specializzati sul mieloma
- Tutti gli esami di laboratorio e strumentali per la diagnosi del mieloma, la sua stadiazione ed ilfollow-up (diagnostica citologica ed istopatologica, citogenetica, esami immunologici, esami molecolari, TAC, PET, Risonanza magnetica)
- Accesso ai più aggiornati metodi di terapia (terapia con nuovi farmaci, mobilizzazione, raccolta e conservazione di cellule staminali)
- Terapia ad alte dosi con autotrapianto di cellule staminali
- Trapianto allogenico di cellule staminali
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