Malattia da Parassiti: Babesia
Parassiti, il
genere Babesia (dal nome del Veterinario Rumeno
Victor Babes) comprende
protozoi ematici a diffusione cosmopolita, agenti (insieme al
genere Theileria) di infezioni note anche con il termine di
piroplasmosi.
Parassiti Globulo Rosso
I parassiti appaiono come elementi piriformi accoppiati ad angolo all’interno dei globuli rossi degli ospiti.
Le dimensioni variano a seconda della specie, mediamente 0,7-2 µm di diametro per le “
piccole babesie” e 1-2 x 2,5-4 µm per le “
grandi babesie”.
Ad oggi sono state identificate numerose specie:
- B. canis (sottospecie canis, rossi e vogeli) e
- B. gibsoni (cane);
- B. felis e
- B. cati (gatto);
- B. bigemina,
- B. bovis,
- B. major e
- B. divergens (bovino);
- B. motasi e
- B. ovis (ovino e caprino);
- B. caballi e
- B. (Theileria) equi (equino);
- B. perroncitoi e B. trautmanni (suino);
- B. divergens e
- B. microti.
Possono occasionalmente colpire l’uomo.
Elementi di disseminazione AE – Forme evolutive del protozoo all’interno del vettore.
Ospiti e localizzazione:
Eritrociti di cane, gatto, bovino, bufalo, ovino, caprino, cavallo, suino, altri animali domestici e selvatici ed occasionalmente l’uomo.
Vettori e localizzazione:
Cavità corporea di vari generi di zecche, in particolare Dermacentor, Haemaphysalis e Rhipicephalus.
Infezione:
Inoculazione di sporozoiti tramite puntura di zecche infette o mediante globuli rossi infetti introdotti “accidentalmente” per via iatrogena.
Ciclo biologico: Indiretto.
A seguito della puntura del vettore, il parassita penetra negli eritrociti di un ospite sensibile in cui si riproduce asessualmente, tramite fissione binaria per formare due (a volte anche quattro o otto) individui all’interno di un singolo globulo rosso.
La cellula viene quindi sequestrata dalla milza e processata dai macrofagi permettendo la liberazione dei protozoi che possono invadere nuovi eritrociti.
Quando un nuovo vettore si alimenta sull’ospite parassitato, con il sangue assume anche i protozoi che nel suo interno si riproducono sessualmente (per gametogonia e sporogonia).
I parassiti (sotto forma di sporozoiti), quindi, migrano nelle ghiandole salivari della zecca infettando altri ospiti recettivi, quando il vettore pungerà di nuovo.
Nelle
zecche, i parassiti possono localizzarsi anche nelle
ovaie, passando così nelle uova e quindi alle nuove generazioni (trasmissione transovarica e transtadiale) capaci poi di infettare altri animali.
Sintomatologia:
L’infezione può decorrere in forma asintomatica o si può presentare in forma subclinica, acuta o iperacuta, a seconda della specie e/o della sottospecie di Babesia presente.
Solitamente, negli animali giovani si osservano quadri clinici più gravi che negli adulti.
I principali sintomi sono abbattimento, febbre, anemia, ittero, emoglobinuria, calo delle produzioni.
Nel gatto, solitamente, la babesiosi si presenta in forma meno grave e senza febbre.
Diagnosi clinica:
L’anamnesi e la sintomatologia sono in genere indicative e consentono di formulare un fondato sospetto di infezione.
Diagnosi post-mortem:
L’esame anatomopatologico:
permette di evidenziare
epatosplenomegalia,
linfoadenomegalia, ittero, congestione e presenza di petecchie in vari organi (cuore, pleura, ecc.) e di essudato in cavità pleurica, pericardica e peritoneale; il sangue è fluido, chiaro e scarsamente coagulabile.
Diagnosi di laboratorio:
Esami microscopici di strisci (o goccia spessa) di sangue colorati con il metodo di Giemsa; esami sierologici (fissazione del complemento, IFAT, ELISA); analisi molecolari per l’identificazione di specie.
Terapia:
Imidocarb, fenamidina, diminazene aceturato.
La terapia, deve essere effettuata il più precocemente possibile per prevenire il decesso dell’animale.
Profilassi:
Controllo delle zecche mediante rimozione rapida delle stesse e uso di acaricidi; è consigliato anche l’utilizzo di sostanze repellenti che prevengono l’infezione da zecche.
Recentemente, in Europa, è stato sviluppato un
vaccino per B. canis.
Rischio per l’uomo:
L’infezione, sostenuta soprattutto da B. divergens e B. microti, è stata segnalata anche nell’uomo, soprattutto in individui splenectomizzati.
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